Sopra un sonetto del Giovanetti, l’apparire di occhi lampeggianti, frammezzo a le chiome nere, trasferito circa un adagio esagerato, diviene quasi una fascinazione irrepugnabile: «Escon da’ vostri torbidi volumi, – appena momento talor da velo impura, – canto il mio cor d’accese fiamme i fiumi» (II)
Il Paoli ci presenta una scolara semplicetta e scaltra, affinche ripete, ma soltanto in attivita di sintassi, le parole d’amore del conveniente capo (VII). – vicino crin di cometa occhi di sole» (III). La fatica e l’ansia d’amore sono trasferite e dipinte nelle cose: «ne’ fior caduchi il mio confidare difficile, – ne le pallide foglie il mio sembiante . – ne le canne agitate il cor tremante» (incognita). La corpo celeste di lente sui capelli della colf amata e «tramontana adorata ai cori amanti», «astro ridente» (XV-XVII). »; «Gia mi corre ratto in capo a le vene – liquefatta la morte» ( xviii- xix). Dolorosamente fastoso e un lamento sulla sepolcro della donna amata: «Oh bel viso, oh bel rientranza, – orti un eta d’amore, – or deserti d’orrore! . »; «Chiudo gli occhi e le labra – in interminabile quiete, con ombre eterne:-e sovra te cadendo – smorto, gelato, attonito . » (XXIII).
L’angoscia d’amore e tristemente espressa mediante alcuni versi di due stanze di melodia: «De la scomparsa i compagni – davanti di me s’accampano
Chi attraverso tanti laudatori degli occhi della colf amata, sulla solco del Petrarca e delle sue tre «canzoni sorelle», aveva mai trovato un’immagine romanticamente ardita appena questa: «de’ suoi begli occhi i luminosi abissi» (V)? E la veemenza guerriera dello sbirciata affinche ferisce d’amore e tutta in un direzione: «l’arco del ciglio non lampo invano» (IX). I pensieri amorosi del menestrello sono simili per destrieri per volo; e «a cento, verso mille», egli dice alla donna, mediante subito morte eccezionale, «vengono verso voi verso gli occhi tuoi lucenti» (XI). Altrove il paventato scintillio di colui occhi e ispirato durante maniera singolarissimo: chiusi nel assopimento, tacciono i loro imperiosi divieti: «nel vel de le palpebre celato il sguardo – affatto non mi vietava il pensier folle»; e il ascendente benevolo che emana dalla bella dormente e massima per mezzo di una similitudine modernita: «come, s’avvien talor ne’ giorni estivi – perche densa nube in giro al sol s’accampi, – vibra egli i raggi con l’aggiunta di cocenti e vivi, – e riservato par cosicche unitamente oltre a violenza avvampi . » (XIII ). All’apparire della donna presso le scroscio del stagno, tutte le cose, pressappoco attraverso magia, si fanno viventi: «alga ovverosia scoglio non e, in quanto non s’infiori; – scelta, giacche non si specchi dentro quell’onda; – onda, affinche non sfavilli per alquanto alacrita» (XIV).
Con un sonetto del Sempronio, un insolito imbroglio d’immagini argute si dispiega intorno alla figuretta di Eurilla cosicche, coi capelli fasciati poi la bagno, pare «gentil vaga turchetta» (IV). In altro luogo, le chiome, ricadendo sul angelico gola, formano «preziose . belle ruine» (V); in caso contrario sulla faccia si attorcono in riccioli «lascivi e sottili e serpentelli» (XII); ovvero, insieme infiammato eccesso, la capigliatura rossa disciolta «un profusione di fiamme verso modico per modico – sovra l’anima mia piover parea» (XIII). Lilla, affinche al armonia d’una pentacordo muove alla danza «le piante agili e snelle», suggerisce al aedo una danza siderea: «. passi movendo or tremoli or leggeri, – co’ pie d’oro nel ciel danzan le stelle» (IX). Altra ballo muovono, non piuttosto le stelle per atmosfera, ciononostante le stille cadenti tra i marmi d’una fontana, al voce dell’acqua impetuoso, con un sonetto del Maia Materdona ( XII ); che in altro luogo vede la incarico rossa d’una giovinetta similare per «nuvola vermiglia» cosicche «del sol s’attraversi a’ rai nascenti» (XVIII).